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Luce e ombra: una questione di equilibrio.
L’architetto Alessandro Bucci, la sua visione del serramento e del suo ruolo nello spazio.
Luce e ombra: una questione di equilibrio.
Alessandro Bucci è un architetto che da 25 anni si dedica con entusiasmo al proprio lavoro. Vive a Faenza, e coordina uno studio con 26 collaboratori. Negli anni scorsi i suoi progetti hanno ottenuto numerosi riconoscimenti. Il saper indirizzare con precisione la luce e un sapiente gioco di riflessi sono la cifra stilistica delle sue realizzazioni. Per Bucci non c’è professione più bella di quella dell’architetto, e lo si nota non solo dall’appassionata partecipazione delle sue risposte, ma anche – quando entriamo all’interno di un edificio della Cooperativa Ceramica d’Imola, di cui ha curato personalmente la ristrutturazione – da come ci accoglie, ci fa da guida, ci fa ammirare l’armonia dell’insieme. Prende spesso in mano il taccuino, più volte, quando l’ispirazione del momento gli fa disegnare in fretta diverse linee, segni tracciati per concretizzare un pensiero. E poi si alza, cammina per la stanza, attratto da una macchia di sole o dal panorama – e da qui prende spunto per spiegarci concretamente l’importanza delle finestre e di un’armonica gestione della luce.

Intervista: Oliver Herwig

Il serramento e la filosofia – ovvero: “Dà un senso a tutto lo spazio”

Signor Bucci, ci troviamo nello showroom della Cooperativa Ceramica d’Imola, di cui ha progettato la ristrutturazione. Sopra di noi – incastonati nel tetto - una serie di lucernari. Il lato frontale di questo ex capannone produttivo viene illuminato da antiche lastre di vetro industriale, dietro le quali possiamo intuire le sagome degli alberi. Che ruolo hanno i serramenti in questo spazio?Questa architettura deve molto al modello romano di abitazione, la domus. In queste case si vive negli spazi interni, con poche relazioni verso il mondo esterno. La luce non è esclusa, ma scende dall’alto. In tal modo siamo in grado di entrare in contatto con l’ambiente circostante, percepiamo il vento, le condizioni atmosferiche, il clima, il cambio delle stagioni, ma allo stesso tempo ci sentiamo protetti. Quando ho visitato per la prima volta i locali in cui ci troviamo, la sensazione era proprio questa: spazi aperti verso l’esterno, ma allo stesso tempo riparati.

Per rafforzare questo effetto ha utilizzato le ampie aperture sul tetto?I lucernari erano già presenti nella struttura e per me era importante conservarli. In parte li abbiamo addirittura ingranditi affinché la luce potesse diffondersi in modo più omogeneo verso il basso ed illuminare bene ogni zona. Per me era importante realizzare inoltre degli spazi che si potessero adattare agli scopi più diversi: dai fini produttivi a quelli di rappresentanza fino a trasformarsi in sala mostra. La luce proveniente dall’alto genera una sensazione quasi di sacralità, che ci ricorda l’impressione che si prova quando si entra in una chiesa o nel Pantheon.

La Sua scelta stilistica costituisce in realtà soprattutto un’eccezione: negli edifici tradizionali le finestre sono collocate direttamente sulle pareti perimetrali. Qual è il Suo approccio?Costruire significa sempre affrontare e risolvere un conflitto tra esigenza di protezione e apertura verso l’esterno. E la finestra aiuta a superare questo conflitto.

La finestra quindi risolve un conflitto?Si, ogni essere umano ricerca la luce e vuole avere un contatto con la natura - la finestra rende possibili entrambe le cose. Bisogna quindi creare un equilibrio tra il bisogno di sentirsi al sicuro e la voglia di aprirsi verso l’esterno. Non tutte le soluzioni proposte dall’architettura contemporanea sono in grado di bilanciare queste esigenze, pensiamo ad esempio alle case realizzate interamente in vetro - non tutti hanno voglia di mostrare così tanto la propria vita privata.

E Lei come realizza questo equilibrio?Per me la finestra diventa una parete in più, una parete trasparente verso il mondo esterno, grazie alla quale chi abita nella casa può relazionarsi con l’ambiente. La finestra dà un senso a tutto lo spazio ed allo stesso tempo indirizza il nostro sguardo. Il mio compito è quello di scegliere la parete più adatta e posizionarvi la finestra in modo perfetto, affinché la luce possa esprimersi al meglio e si crei la giusta relazione con l’esterno. Amo la fotografia, e vedo la finestra proprio come una fotografia che incornicia lo “scatto” giusto.

Potrebbe definire delle regole in merito alla relazione tra serramenti e spazio?Le Corbusier definì quattro criteri – il sole, la luce, gli alberi e le pietre – quali elementi da cui prende forma l’architettura. Il rapporto con la luce e con l’ambiente naturale è estremamente importante. La finestra non è una componente astratta, ma si interfaccia, si integra fortemente con questi elementi – la massa di luce esistente negli ambienti proviene infatti dalle finestre.

E se ora dovesse scrivere personalmente la filosofia del serramento, da cosa inizierebbe?Lo vuole sapere davvero? (ride) La finestra è la sublimazione dell’assenza di un oggetto che ha una forte presenza. In altre parole: la finestra è un elemento importante, indispensabile, che ci permette il contatto con il mondo esterno, e allo stesso tempo ci protegge da esso. Quando guardiamo dall’interno verso l’esterno, però, la finestra deve diventare invisibile, deve scomparire. Allo stesso tempo la finestra deve assolvere a innumerevoli funzioni. Sebbene non sia una componente tecnologica dell’edificio, ma piuttosto una componente spaziale, la finestra è comunque in grado di risolvere problematiche di natura tecnica.

Il serramento e la luce, ovvero: “Ci vogliono sfumature”

Più luce: sempre la soluzione migliore?
In un edificio non è determinante la quantità di luce, ma la capacità di gestirla correttamente. La luce esiste solo nella misura in cui interagisce con l’ombra. Francis Bacon una volta disse: “La luce è tanto più luminosa quanto più vi sono ombre.”

E Lei come gestisce luce ed ombra?Non vi sono regole fisse, io non ragiono in termini di lux. La luce deve essere capace di produrre determinati effetti, affinché riusciamo a percepire meglio le superfici dei vari materiali. Noi architetti trattiamo la luce similmente a come la tratta un pittore. Se la luce è completamente piatta, non abbiamo profondità – l’estremo opposto sarebbe la luce diagonale di Caravaggio che realizza effetti teatrali. Alcune porzioni di uno spazio sono completamente in ombra, mentre altre parti sono illuminate come sotto un riflettore.

Lei davvero ragiona in questi termini: spazi drammatici?No, non davvero. Si tratta di trovare il giusto equilibrio, un contrasto non troppo accentuato tra chiaro e scuro, e ci vogliono sfumature. Non esistono però regole fisse, dipende dalle modalità di utilizzo dell’ambiente. Qui nella Cooperativa abbiamo realizzato una parete con una serie di tavolette di ceramica girevoli che riflettono la luce naturale, oltre ad essere illuminate da spot di luce concentrati. In questo modo si ottiene un effetto davvero tridimensionale. Nell’architettura spesso si ha poi una quarta dimensione, il tempo. L’atmosfera generata dalla luce e l’effetto creato dall’ambiente dipendono dal momento del giorno in cui ci troviamo: mattina, mezzogiorno, sera.
Luce e ombra: una questione di equilibrio.
Luce e ombra: una questione di equilibrio.
Il serramento e la posizione – ovvero: “Permettere uno scambio emotivo tra il dentro e il fuori”

Lei ha parlato del giusto equilibrio nella gestione della luce. A cosa si ispira nella Sua progettazione per ottenerlo?Nei miei progetti parto sempre dal singolo ambiente interno. Quale aspetto, quale forma deve avere? Ne consegue la scelta della finestra. La domanda è: quale serramento si adatta meglio a questo spazio, quale si integra meglio in termini estetici, e come può mettere in risalto le proprie caratteristiche tecniche?

Come posiziona quindi la luce in uno spazio?Parto da due dimensioni: quando dorme, l’essere umano non ha bisogno di luce né di alcun contatto con il mondo esterno. Negli spazi in cui vive di giorno, dove lavora, cerco invece di creare un collegamento diretto verso l’esterno. E questo collegamento lo realizzo con il serramento. Così creo una casa che si ingrandisce o rimpicciolisce in base alle stagioni. In inverno ci piace ritirarci in spazi intimi, piccoli e accoglienti, con calde isole di luce, mentre in estate ci piace uscire all’esterno, quindi gli spazi abitativi si amplificano e percepiamo il “fuori” quale parte integrante dell’abitazione. Ecco perché questo confine dovrebbe essere il più invisibile possibile.

L’orientamento dell’edificio è importante nei Suoi progetti?
A queste latitudini la parete vetrata rivolta a sud non è sempre la soluzione migliore. Inizialmente la pensavo in modo diverso e orientavo a sud gli spazi abitativi con grandi vetrate. Nella calura estiva non si riescono però a sfruttare gli ambienti esterni, ecco perché ho cambiato idea. Questa zona andrebbe orientata verso est, in modo che il caldo sole del pomeriggio non vi incida direttamente. Per questa ragione faccio anche arretrare una parete vetrata rispetto alla muratura. In questo modo la parete crea una bella cornice e permette di controllare molto bene l’incidenza dei raggi solari. È una meravigliosa soluzione per chi si affaccia alla finestra dall’interno e guarda fuori, quasi vedesse attraverso un cannocchiale.

Ci può dare qualche altro consiglio concreto in merito ai serramenti?(ride). La tipica proposta immobiliare fatta dai costruttori è una casa circondata da un giardino. Il giardino in realtà non è così quasi mai sfruttabile, è troppo piccolo su tutti e quattro i lati. Se invece si sposta l’edificio in un angolo si riescono ad ottenere un grande giardino ed una grande parete vetrata dalla quale si ha una bella vista.

E se un cliente desiderasse avere un’ulteriore finestra accanto alla vetrata panoramica?In quel caso sceglierei una finestra stretta, verticale, a tutta altezza. Rappresenterebbe l’assenza di una porzione di muro.

E che aspetto avrebbe lo spazio interno, dietro il vetro?Nei miei ambienti bisogna sentirsi bene e potersi rilassare. Voglio che non nascano sensazioni aggressive. Le finestre fungono da elementi di separazione tra esterno ed interno, permettono uno scambio emotivo tra il dentro e il fuori. 

Il serramento e la tecnica – ovvero: “Funzioni ed innovazioni dovrebbero sempre essere in perfetto equilibrio tra di loro”

Luce, aria, maneggevolezza … la finestra è un elemento complesso e deve assolvere a molte funzioni diverse.Sì, è sicuramente un elemento molto complesso. Per questo motivo mi avvalgo dell’aiuto di esperti per progettare un edificio che piaccia da un punto di vista estetico ma che sappia anche soddisfare tutti i requisiti tecnici. Come architetto cerco di trovare sempre una soluzione elegante: una finestra dalla superficie vetrata più grande possibile, la porzione di telaio più piccola possibile. Ma tanto più ridotta la parte opaca, tanto più complessi l’aspetto tecnico e la progettazione del serramento.

Lei stesso sviluppa nuove soluzioni per i serramenti?
Luce e ombra: una questione di equilibrio.
Quando ero più giovane volevo che tutto fosse progettato e realizzato da me, anche il tavolo al quale siamo seduti, ma ora non ho più questa aspirazione. Per prodotti articolati, come lo è una finestra, mi affido a specialisti.
Quindi cosa si aspetta da una finestra?Deve essere semplice. Non da un punto di vista tecnico. Deve dare l’impressione di semplicità e sobrietà. Sono anche consapevole del fatto che tanto più trasmette l’idea di semplicità, tanta più è la tecnica che ci sta dietro. Un numero sempre maggiore di clienti oggi non gradisce l’eccesso di tecnologia, ne è stufo. Vorrei quindi proporre l’alta tecnologia, che si lascia usare con facilità. Funzioni ed innovazioni dovrebbero sempre essere in perfetto equilibrio tra di loro.

Cosa pensa invece delle mode in materia di finestra – a proposito dei materiali?Non credo che esistano grandi mode. I miei committenti in genere chiedono tre sistemi di serramenti che si differenziano in base al materiale: metallo, legno e PVC. Per me la finestra deve essere perfetta dal punto di vista tecnico ed inserirsi bene nell’ambiente. La scelta del materiale è secondaria.

Davvero non ha un materiale preferito?No, le tecnologie sono talmente avanzate che si fa fatica a capire se la finestra è di PVC, metallo o legno. I materiali sono in continua evoluzione, in parte vengono mescolati tra di loro, ed in parte sono sempre più simili. E dato che il telaio assume forme sempre più sottili non è più così presente e visibile.

Cosa si aspetta dagli sviluppi futuri nel campo dei serramenti?Una finestra rimarrà sempre una finestra. La tecnologia e la ricerca sicuramente riusciranno a ridurre ulteriormente il telaio e migliorare le prestazioni isolanti, ma il concetto di base non cambierà di molto. Mi aspetto che si potranno integrare elementi fotovoltaici oppure ideare serramenti che lavorano con campi magnetici per trasformare una finestra da trasparente ad opaca. Queste innovazioni non rivoluzioneranno però completamente il settore.

Riuscirebbe ad immaginare una finestra senza telaio?Non credo che la finestra senza telaio possa essere l’obiettivo di un architetto, attualmente poi vi sono già molte soluzioni che presentano telai molto sottili.

Il serramento e la profondità – ovvero: “Bisogna imparare a capire cosa c’è dietro”

Equilibrio: una parola che ha citato spesso. È l’armonia ciò che vuole raggiungere?La professione dell’architetto è un lavoro che consente di camminare dentro ai propri sogni. Se non fosse il mio lavoro sarebbe sicuramente il mio hobby. Vivo in armonia con me stesso, amo il mio lavoro, sto bene e cerco di trasferire questo senso di armonia alle mie opere. Un’architettura della tensione non fa per me. L’architettura deve risolvere le tensioni.

Come è cambiato il Suo approccio verso la finestra nel corso degli anni?Un filosofo cinese disse che per un principiante esistono molti percorsi per trovare una soluzione, ma per un esperto ve ne sono pochi. Un esperto ha un grande know how ed è consapevole del fatto che le soluzioni si muovono entro dati limiti.

Anche Lei ha dovuto imparare a fare propri questi concetti?Vede, prima di laurearmi, il mio professore si chiamava Adolfo Natalini ed all’epoca tenne una lezione di due ore sul davanzale e l’attacco al serramento. Non riuscivo assolutamente a capacitarmi di come si potesse usare tanta energia per un argomento così circoscritto. Poi finalmente capii che tutto quello che vediamo nasconde un’incredibile profondità. Vediamo inizialmente solo la superficie, ma sotto di essa si apre uno spazio grandissimo. Le finestre esprimono proprio questo principio: in superficie appaiono semplici, ma nascondono una grande complessità. Le finestre hanno la capacità di soddisfare elevati requisiti senza che ciò divenga immediatamente visibile all’occhio. Prima però bisogna imparare a capire cosa c’è dietro.
 
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